I trucchi del Governo su Tasi e Vaticano. Altro che Patti lateranensi
Nuova tassa, nuovo privilegio clericale?
Sembra proprio stia accadendo di nuovo con la TASI, la tassa sui servizi indivisibili (illuminazione, pulizia strade etc) forniti dai Comuni. Mentre scatta la solita tarantella per esentare quanti più proprietà ecclesiastiche possibili, il Governo Renzi ha già fatto il primo regalo.
Nel decreto enti locali che introduce la TASI, si esentano espressamente dal pagarla 25 grandi immobili del Vaticano sul territorio italiano. Si tratta, oltre alle Basiliche, del Palazzo del Vicariato (sede della diocesi di Roma ma anche dell’Opera romana pellegrinaggi -leader del business del turismo religioso- e dell’agenzia di viaggi Quo Vadis), dell’Università gregoriana, del Palazzo di Propaganda fide (con i piani terra occupati da negozi in affitto), della residenza papale di Castel gandolfo.
La Presidenza del Consiglio, in una precisazione vuole lasciar credere che l’esenzione per questi palazzi sia un atto dovuto ai sensi dei Patti lateranensi, per la precisione il Trattato internazionale firmato nel 1929 da Benito Mussolini. Non è così: il Governo poteva benissimo prevedere che anche quei palazzi pagassero la TASI, e sarebbe stato giusto visto che dell’illuminazione e delle strade ne fruiscono eccome. A confermarlo una sentenza del 2012 della Corte di Cassazione, che condanna l’Università gregoriana a pagare al Comune di Roma i milioni di euro di tasse sui rifiuti sino ad allora evasi.
Peraltro, a differenza da quello che fanno credere in Vaticano e che i giornali amplificano, non si tratta di zone extraterritoriali, bensì di edifici di proprietà del Vaticano che ricadono pienamente sul territorio italiano ma che godono delle immunità riconosciute alle ambasciate internazionali.
Ma i 25 palazzi sono solo l’antipasto, perchè la spinta è forte affinchè le esenzioni riguardino molti altri edifici ecclesiastici, non solo quelli di culto ma anche quelli adibiti a residenza o ufficio ma dove non si fa business.
Sarebbe l’ennesima discriminazione clericale a cui sarebbe bene dire subito “no grazie”.